Mi piace pensare alla stanza d’analisi come ad un cantiere dove insieme, il paziente ed io, costruiamo quei ponti che gli consentono di transitare da una sponda all’altra della sua personalità, per integrarla in un unico variegato territorio dove egli possa circolare liberamente senza più posti di blocco e frontiere invalicabili che lo fanno sentire straniero a se stesso.
L'edificazione dei ponti rende possibile incontrarci davvero, il paziente ed io, come due soggetti autentici, integri, separati eppure in relazione, ciascuno con la propria individualità, ma anche capaci di riconoscere l’altro. E soprattutto rende possibile al paziente mettersi in relazione nello stesso modo, nuovo, con le diverse persone per lui significative al di fuori del “cantiere” analitico, intessendo legami affettivi rispettosi che non corrono il rischio di agire o subire colonizzazioni all’insegna di bisogni imperiosi.
PERCHÉ L'IMMAGINE DEL PONTE?
L’immagine del ponte mi piace molto perché è una struttura architettonica fatta per collegare; si getta oltre gli ostacoli per superarli e raggiungere un altrove che, senza di esso, rimarrebbe inaccessibile.
Il ponte diviene, quindi, luogo di scambi; permette un confronto arricchente fra i diversi modi di agire, sentire, pensare che esistono nei territori che mette in comunicazione e una negoziazione fra i relativi bisogni. I differenti territori fra loro collegati grazie ai ponti sono quelli sia all’interno del Sé del paziente, sia del paziente e delle altre persone con cui egli si intrattiene.
Il bello del ponte è anche che lo si può percorrere in entrambi i sensi, consente un andirivieni: non obbliga a partire senza la possibilità di un ritorno, sradicandosi, ma permette di inoltrarsi nella conoscenza di territori nuovi conservando la familiarità con quelli da cui si proviene. Ciò significa, fuori di metafora, che le diverse parti di sé arrivano a dialogare fra loro per trovare delle possibilità di convivenza più accettabili e funzionali al benessere, anziché agire in piena contraddizione, in una lotta fratricida. Significa anche che trasformarsi non vuol dire perdere parti di sé nel cammino, piuttosto comporta il renderle “meticce” perché si sono fatte fecondare dalle altre da cui prima erano scisse.
Inoltre, la struttura del ponte è per lo più simmetrica e mi suggerisce l’idea di una sostanziale democraticità, mi sembra cioè che rappresenti bene l’assenza di una gerarchia di poteri fra l’analista e il paziente. Ciò che li distingue è infatti solo il motivo della loro co-presenza: il primo è lì per aiutare a ritrovare la strada quando il secondo si è perso e per garantirgli la sicurezza del viaggio che conduce ad emergere dall’angoscia, dalla perdita di senso, dall’impotenza, grazie al proprio personale percorso di formazione psicoanalitico; il secondo, per incamminarsi verso una condizione di maggiore libertà interiore in cui senta di effettuare delle scelte consapevoli e di avere sempre più in mano le redini della sua vita.
Per il resto, l’uno e l’altro, condividono la stessa natura umana: ciò che rende sempre valide le parole di Terenzio “Homo sum, humani nihil a me alienum puto” (sono uomo, niente di ciò che è umano ritengo estraneo a me). La natura, in definitiva, di esseri gettati nel mondo senza un apparato istintuale forte e con la necessità perciò di donare senso al loro vivere, soffrire, morire. Questa è una grande fatica e una sfida che a volte fa vacillare, ma è anche potenzialmente ciò che permette di creare, di esprimere le proprie peculiari caratteristiche e di scartare di lato da destini totalmente precostituiti.
CHI SONO
Sono una psicoanalista relazionale.
(Iscrizione all'Ordine degli Psicologi della Lombardia N. 03/6908 sezione A psicologo psicoterapeuta)
Sono nata a Milano nel 1964.
Nel corso della mia vita si sono intrecciati due principali filoni di interesse e professionali, il più importante nell’ambito psicologico-psicoanalitico e l’altro in quello del diritto. Ho coltivato entrambi anche attraverso il conseguimento delle rispettive lauree, prima in giurisprudenza a Milano (nel mentre però già mi interessavo di psicoanalisi), poi in psicologia a Torino. Successivamente mi sono specializzata nella Scuola di Formazione in Psicoterapia Gruppoanalitica presso l’IGAM - Istituto di GruppoAnalisi di Milano della Società di Gruppoanalisi Italiana (SGAI). Quindi ho continuato a formarmi oltre che attraverso lo studio individuale e in gruppo, attraverso corsi, supervisioni cliniche, individuali e di gruppo, e la partecipazione a convegni.
In particolare, mi sono ulteriormente formata allo psicodramma ad orientamento psicodinamico, dapprima con un corso triennale in SGAI, quindi con un master annuale sulla integrazione fra analisi di gruppo e psicodramma a cui è seguita una formazione continua con lo psicodrammatista Giulio Gasca.
Sono socia fondatrice di A.P_Re, Associazione di Psicoanalisi Relazionale, https://www.psicoanalisiapre.it, volta all’autoformazione in gruppo e alla ricerca in psicoanalisi, nonché alla formazione e consulenza all’esterno, verso chiunque - Enti, Istituzioni, Aziende, professionisti - si trovi, a vario titolo, a dover gestire esperienze emotive difficili.
Da novembre 2016 sono professionista collaborativa iscritta all’AIADC, Associazione Italiana Professionisti Collaborativi, https://praticacollaborativa.it/profilo/Marisa-Faioni/, e all’IACP, International Academy of Collaborative Professionals, come esperta delle relazioni per la risoluzione collaborativa delle controversie in ambito civile e particolarmente del diritto di famiglia.
In ambito psicologico-psicoanalitico, le tematiche relative allo sviluppo della personalità hanno polarizzato la mia attenzione, sia per l’interesse che presentano in sé, sia in quanto aventi risvolti anche nella psicologia degli adulti che è l’esito, seppur con margini più o meno ampi di creatività, delle pressioni ambientali ricevute fin dall’infanzia e poi nel corso successivo della vita.
Accanto ai trattamenti psicoanalitici degli adulti, individuali e di coppia, ho fatto varie esperienze con i bambini, prima come educatrice e insegnante, poi come psicologa che affianca i genitori, quindi come psicoanalista dell’adolescente.
Occuparsi di bambini e adolescenti vuol dire inevitabilmente interessarsi anche delle loro famiglie, che rappresentano l’ambiente in cui essi sono cresciuti e continuano a farlo. Da qui le proposte di colloqui di sostegno alla genitorialità, individuali e di gruppo, e di sostegno in gruppo per appartenenti a diverso titolo a differenti famiglie allargate.
In quanto donna, rivolgo particolare attenzione alla psicologia delle donne, viste come soggetti all’interno dei contesti socio-culturali di appartenenza. In funzione preventiva e di supporto, propongo quindi, oltre a colloqui individuali, gruppi di sostegno per le fasi critiche che le donne possono attraversare durante la gravidanza, come neo-mamme e nell’affrontare la menopausa.
Dal 2008 al 2016 l’interesse per il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza si è coniugato con quello per l’ambito dei diritti portandomi a divenire Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano. Ho interpretato il mio ruolo tenendo a mente i diritti dei bambini e dei ragazzi a una crescita armoniosa ma anche, contemporaneamente, l'interesse dei genitori, per quanto inadeguati siano potuti risultare, a mantenere una relazione con i figli: sono infatti fermamente convinta che il benessere dei bambini passi comunque attraverso il maggior recupero e miglioramento possibile della relazione con il loro papà e la loro mamma, salvo casi estremi. E in tal senso mi sono sempre adoperata.
Durante l'esperienza maturata presso il Tribunale per i Minorenni ho avuto modo fra l’altro di approfondire il complesso rapporto fra responsabilità e colpa che viene differentemente approcciato dal punto di vista giuridico e psicoanalitico e di individuare una strada che concili questi differenti approcci nel lavoro sociale e in tribunale in favore delle famiglie in condizioni di fragilità: essa passa dal coinvolgimento attivo delle famiglie stesse affinché da oggetto degli interventi di aiuto ne diventino il più possibile soggetti partecipi.
Ho quindi effettuato vari interventi di formazione: presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano rivolti agli studenti del corso di laurea triennale in Scienze del Servizio Sociale e del corso di laurea magistrale in Politiche e servizi sociali per i minori, le famiglie e le comunità; presso il Centro Studi Erickson a Trento e presso cooperative sociali.
Ho fatto parte della redazione della Rivista Italiana di Gruppoanalisi.
Una lettura gruppoanalitica della “Lettera di Lord Chandos” di Hofmannsthal,
Rivista Italiana di Gruppoanalisi, n.3/2005, pp. 141-152
Emergenza o opacamente dell’Altro: quali i presupposti emotivo/cognitivi del soggetto?,
Rivista Italiana di Gruppoanalisi,
n. 3/2007, pp. 173-184
Il furto degli astici: fra responsabilità e co-scienza,
Rivista Italiana di Gruppoanalisi
n. 1/2011, pp. 115-128
Pubblicazioni:
Richiesta informazioni
Ricevo su appuntamento
Cell. 348 6053040
Poiché mentre lavoro in studio ho il cellulare spento o in modalità silenziosa, vi richiamerò appena possibile utilizzando il numero da cui avete chiamato e/o ascoltando il vostro messaggio in segreteria telefonica.
Studio
via Bartolomeo D’Alviano, 27
20146 Milano
zona Bande Nere – piazza Frattini - Lorenteggio
Mezzi pubblici:
MM1 Milano Bande Nere
Autobus 58 – 98 - 61- 50 - 64
Tram 14